segunda-feira, novembro 1

Jornal La Stampa del 01 Novembre 2010

Posted by kotonette 13:05, under | No comments

L'avanzata delle "presidenta"
nelle terre del machismo Non più First Lady ma leader nazionali: è l'effetto democrazia
MIMMO CANDITO
In principio fu Evita. Ma Evita era la Madonna, un simbolo, un’idea mistica, una presenza-assenza, l'astrazione visionaria che si rifiuta e si sottrae alla corporeità materiale della politica. Guidò ugualmente l'Argentina del tempo di Perón e fu capo di Stato anche senza mai esserlo.
Ma la pelliccetta di modista e la permanente da coiffeur di quartiere di Evita che cosa hanno in comune con le gonne corte e strette, i tacchi a spillo, gli stivali aderenti, e gli hair-stylist che oggi fanno di Cristina Elizabeth Fernández de Kirchner la più elegante, desiderabile, sinuosa, presidenta dell'emisfero?

Nel momento in cui Dilma Rousseff prende il potere nel Paese che è il gigante politico, economico e demografico, dell'America Latina, e rafforza la presenza femminile nelle istituzioni del subcontinente, appare difficile sottrarsi alla ricerca di un significato simbolico in questo sorprendente affollarsi di gentili signore in quei palazzi del potere che da sempre sono patrimonio esclusivo di generali, caudillos, e viriloni alla Chávez. Perché è pur vero che il «macho» è l'incarnazione del mito latinoamericano, e potere e machismo sono identità che il costume ereditato dalla tradizione militarista ispanica consuma ancora oggi come sinonimi naturali nell'immaginario quotidiano di quei Paesi, ma poi la realtà concreta dei fatti e delle gallerie dove si appendono le foto di chi comanda deve accettare la sorpresa di incontrarsi più volte con facce e storie e vite di donne.

Perché, togliamo pure Evita e la sua eccezionalità, ma poi ci sono state l'Isabel Perón, inconsolabile vedova e tuttavia presidenta comunque dell'Argentina nel 1974, Violeta Chamorro, comandante senza stivali né bandoleros del Nicaragua post-sandinista, Janet Jagan guida civile della Guyana, Mireya Moscoso leader del piccolo «poderato» di Panama, e soprattutto Micelle Bachelet eletta alla guida del Cile nel 2006 e portata alla fine del suo mandato con ancora il 70 per cento di consenso popolare.

E poi Cristina Fernández, entrata con passo elastico nella Casa Rosada nel 2007, Laura Chinchilla sorridente presidenta del Costa Rica dal febbraio di quest'anno, e ora la debordante Dilma Rousseff che varca trionfante il grande portone nella Casa Bianca di Planato. Sì, certo, l'Europa può contrapporre la Thatcher e l'Angela Merkel, e la Gro Brundtland, e la Mary Robinson che ha guidato l'Irlanda lasciando poi il suo scettro alla Mary McAleese; e l'Asia ha la Gandhi, la Bhutto, la Bandaranaike; e poi c'è l'Africa, e poi gli Usa che hanno la prima candidata alla Presidenza già nell'era arcaica del 1872 (si chiamava Victoria C. Woodhul e non ebbe sorte migliore della Hillary Clinton) - ma in nessuna di queste terre e di queste culture il «machismo» è stato da sempre, come invece in ogni latitudine dell'America Latina, l'identità del potere al di là di qualsiasi frontiera nazionale e di qualsiasi guerra politica.

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